Caso “dieselgate”: la legge e il colosso Volkswagen

In questo articolo di blog abbiamo deciso di intervistare l’Avvocato Giuseppe Dipasquale che è stato uno tra i primi legali in Italia ad aver presentato diverse denunzie-querele nei confronti del colosso Volkswagen per il caso “dieselgate”, uno dei casi che ha fatto maggiormente discutere e che ha coinvolto il territorio sia a livello nazionale che internazionale.

 

1 – Come ci si sente ad aver intrapreso una causa contro un grande colosso come quello Volkswagen?

Innanzitutto vorrei precisare che la mia iniziativa giudiziaria è consistita nel deposito di diverse denunzie-querele per i reati di frode in commercio e truffa aggravata, nei confronti dei vertici, sia tedeschi che italiani, dell’organigramma del gruppo Volkswagen, in virtù delle rispettive “posizioni di garanzia” ricoperte.

E ciò in quanto ho subito ritenuto, sin dal settembre 2015, quando la collettività ha avuto modo di apprendere per la prima volta dello scandalo “dieselgate”, che le condotte poste in essere dalla casa automobilistica fossero idonee ad integrare delle ipotesi di reato.

E questo poiché agli acquirenti sono state vendute e consegnate autovetture con caratteristiche, in ordine a prestazioni consumi ed emissioni, ben diverse, rispetto a quelle dichiarate, diffuse e pubblicizzate dal gruppo Volkswagen.

Per chiarezza e completezza, ed in maniera molto sintetica, voglio specificare che cosa si intende nello specifico con “dieselgate”.

Si fa riferimento a condotte che il gruppo Volkswagen, dall’anno 2009,  avrebbe posto in essere con l’inserimento di alcune linee di codice nel software “defeat device” delle centraline di diverse autovetture, linee che permettevano di riconoscere se le stesse auto erano utilizzate su strada o se, invece, era in corso su di esse un test per valutare le emissioni di ossidi di azoto.

Ebbene, questo sistema avrebbe avuto la possibilità di valutare la velocità, la pressione, dell’aria ed i movimenti di pedali e sterzo dell’autovettura su cui era installato e, se identificava la situazione come un test anti-smog, attivava il controllo sulle emissioni inquinanti, facendole risultare, dunque, decine di volte inferiori rispetto a quelle reali riscontrabili nell’utilizzo su strada del mezzo.

Pertanto, mediante tale “stratagemma”, i risultati relativi alle emissioni inquinati delle autovetture sarebbero stati falsati da Volkswagen, poiché questi venivano fatti apparire al di sotto degli standard sull’inquinamento imposti dalla Environmental Protection Agency, quando, invece, erano ben superiori a tali limiti.

Però ci tengo a chiarire e precisare che, a tutt’oggi, in Italia, quanto innanzi rappresenta solo una mera ipotesi accusatoria che è al vaglio degli Organi inquirenti.

Dunque, allo stato, i procedimenti penali risultano ancora in fase di indagini, in particolare presso la Procura della Repubblica di Verona ove è in corso un incidente probatorio diretto a verificare, a mezzo di tecnici specializzati che stanno eseguendo specifici test su alcune autovetture, se queste, a seguito dell’aggiornamento del software incriminato, conservano le proprie caratteristiche tecniche in ordine a consumi prestazioni ed emissioni.

Naturalmente, non nascondo che è stato sicuramente motivo di soddisfazione scoprire ed appurare di essere stato tra i primi legali in Italia ad aver presentato per i fatti in questione diverse denunzie-querele nei confronti del colosso Volkswagen, anche perché è stata un’occasione per confrontarmi con colleghi, anche estremamente importanti e rinomati, di ogni regione.

Dunque, comunque vada, è stata sicuramente una importante e preziosa esperienza, nonché una iniziativa giudiziaria che mi ha arricchito tantissimo dal punto di vista umano e professionale.

 

2 – Quali sono stati i punti di forza a sostegno della causa da un  punto di vista ingegneristico?

Dal punto di vista prettamente ingegneristico non ho le competenze per dire quali sono i punti di forza sui quali faranno leva i consulenti incaricati dalla procura di Verona per verificare l’incidenza di questo software sui dati relativi alle caratteristiche delle autovetture.

L’unica certezza, allo stato, è che questo software esiste ed è installato su diverse autovetture così come confermato, con note ufficiali, dallo stesso gruppo Volkswagen.

Inoltre, ci tengo a ricordare che Volkswagen ha già patteggiato negli Stati Uniti una pena pecuniaria per il medesimo scandalo “dieselgate”.

Dunque, sarà cura degli ingegneri incaricati fare luce su questa situazione, appurando la verità dei fatti, qualunque essa sia.

 

3 – Secondo lei questo può essere il principio per una class action che potrebbe da lei essere rappresentata legalmente?

Parto dalla premessa per cui io ho presentato distinte ed autonome denunzie-querele per ogni soggetto che ha voluto intraprendere azioni giudiziarie nei confronti del gruppo Volkswagen.

Dunque, io, più che una vera e propria class action, ho preferito mantenere le azioni giudiziarie “parallele”, autonome ed indipendenti l’una dall’altra.

Diciamo che le class action vere e proprie si concretizzano in sede civile, anche se in Italia, i dati di comune esperienza ci insegnano da diversi anni che tali iniziative non hanno concretamente mai avuto grande fortuna, anche in termini di soddisfacenti risarcimenti economici per i consumatori.

Posso solo dire al momento che, se sarà esercitata l’azione penale nei confronti dei vertici del gruppo Volkswagen, io procederò, per ogni singolo soggetto, ad effettuare una autonoma costituzione di parte civile nel relativo processo penale, al fine di vedere riconosciuta la penale responsabilità degli imputati e, conseguentemente, il risarcimento dei danni subiti dai miei assistiti.

 

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