Pass Laureati: una nuova opportunità per l’alta formazione post-universitaria

La Regione Puglia ha presentato anche per questo nuovo anno il progetto  “PASS LAUREATI – Voucher per la formazione post-universitaria” che mira a favorire e sostenere il diritto all’Alta Formazione, attraverso l’erogazione di voucher finalizzati alla frequenza di Master Universitari in Italia e all’estero di I e II livello.

Giovani laureati pugliesi, possono quindi acquisire nuove competenze e specializzazioni grazie a questo strumento messo a disposizione dalla Regione.

Il bando, aperto a occupati e disoccupati, è rivolto ai seguenti destinatari:

– per i nati successivamente alla data del 31-12-1982;

– per i residenti nel territorio della Regione Puglia da almeno 2 anni oppure per i nati in uno dei Comuni pugliesi, ma trasferiti altrove da non più di 5 anni;

– per i possessori di un diploma di laurea, laurea triennale o di laurea magistrale;

– per coloro che non hanno già ricevuto borse di studio post lauream erogate dalla Regione Puglia dal 2000 ad oggi;

– per chi ha un reddito familiare non superiore a € 30.000,00 individuato esclusivamente sulla base dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.) in corso di validità al momento della presentazione dell’istanza.

Anche quest’anno il Polo Tecnologico di Fasano della Uninettuno University, ha disposto due master per coloro che possono essere interessati a sfruttare l’agevolazione prevista dalla regione.

 

MASTER IN MANAGEMENT DELLE IMPRESE TURISTICHE

Questo Master universitario di primo livello riconosce 60 CFU e prevede una didattica sia frontale che on line.

L’obiettivo del master è quello di formare figure professionali capaci di inserire e presidiare il processo di gestione di un’impresa turistica operante in settori differenti, da quello ricettivo, ai tour operator ed agenzie di viaggio, al congressuale.

Il master è destinato a chi possiede un diploma di Laurea triennale in un Corso di Studio dell’area delle Scienze Economiche, delle Scienze Statistiche e delle Scienze Giuridiche

MASTER IN LOGICHE E TECNICHE DI PROJECT MANAGEMENT

Questo Master universitario di primo livello riconosce 60 CFU e prevede una didattica sia frontale che on line.

Il Master ha l’obiettivo di provvedere alla formazione di figure quali Project Controller e Quality Manager per aziende ed enti che operano per grandi progetti. Il Master prevede l’acquisizione di strumenti e competenze economico-gestionali finalizzati alla collaborazione sia nelle fasi di formulazione sia in quelle di svolgimento di un progetto, dalla capacità di rilevare lo stato di avanzamento del progetto e di individuare il profilarsi di problematiche che richiedono interventi sia riguardo l’avanzamento, sia riguardo la qualità della produzione, sia l’organizzazione, fino ad arrivare alla possibilità di monitorare l’andamento dell’impresa e il raggiungimento degli obiettivi ottimizzando l’uso delle risorse impiegate.

Il master è destinato a chi è in possesso di un diploma di Laurea Triennale in un coso di Studio della Facoltà di Ingegneria, ovvero una laurea triennale in un corso di Studio dell’area delle Scienze Economiche o delle Scienze Statistiche.

 

Per informazioni ed iscrizioni è possibile recarsi direttamente al Polo Tecnologico della Uninettuno Puglia, presente a Fasano presso il Gruppo Fortis (Zona Industriale SUD), o contattando al numero 080 8494730.

Metodo Montessori: l’ambiente a misura di bambino

Il Metodo Montessori si basa sull’idea che il bambino deve essere lasciato libero di esplorare l’ambiente che lo circonda, ambiente che deve essere organizzato in moda tale da permettergli di soddisfare il bisogno di curiosità in totale autonomia, e dove tutto è alla sua portata. Per capire con attenzione gli aspetti fondamentali di questo metodo abbiamo intervistato la Dott.ssa Angelica Amendola, Psicologa e Psicoterapeuta.

 

1- Tra i principali elementi che caratterizzano il metodo Montessori abbiamo quello di educare il bambino all’indipendenza e la costruzione dell’ambiente a misura dello stesso. Perché è importante lasciare al bambino la libertà di scelta e sviluppare un’adeguatezza spazio-fisica?

E’ importante sin da subito lasciare il bambino in piena libertà di scegliere,decidere, al fine di sviluppare le proprie competenze. Non bisogna trattare i piccoli come dei fantocci, bisogna dargli fiducia, soprattutto quando sono alle prese con lo svolgimento di un compito, lasciarli liberi, significa farli sperimentare, senza schemi e senza regole, agendo secondo il proprio modo di agire e sentire anche e soprattutto dal punto di vista emotivo.

In questa maniera il bambino impara ad autoregolarsi, ad essere indipendente, a vivere e considerare  il contesto in cui si trova ed ovviamente compito dell’adulto è proprio quello di aiutarli a compiere da soli le loro conquiste.

 

2 – L’apprendimento secondo il metodo Montessori, deriva dall’esperienza diretta e non dall’ascolto passivo. Su cosa si basa dunque il processo di insegnamento nella scuola dell’infanzia?

L’apprendimento deriva dall’esperienza e non dall’ascolto passivo o nel guardare l’adulto che svolge un compito sostituendosi ad esso. Non bisogna mai impedire al bambino di fare qualcosa perché è troppo piccolo, non bisogna giudicare la   capacità dei piccoli in base all’età. Ognuno è a se, ha le sue tappe i suoi tempi i propri limiti, ed è per questo che è importante dimostrare fiducia e lasciargli svolgere i compiti più facili. Per questa ragione nella scuola dell’infanzia il principio di insegnamento si deve ridurre al minimo intervento, l’insegnante deve vigilare affinché in bambino non venga intralciato nella sua libera attività. Osservare molto e parlare poco,rispettare il bambino anche, e soprattutto quando compie un errore, l’insegnante deve indirizzarlo e portare il piccolo ad autocorreggersi. L’intervento deve avvenire in modo fermo e deciso, quando il bambino sta facendo qualcosa di sbagliato e di pericoloso per se e per gli altri.

L’insegnante non deve mai forzare il bambino a fare qualcosa che non è di suo gradimento, nel rispetto dei suoi tempi e della sua volontà, sarebbe più opportuno se ci si soffermasse a coglierne la motivazione.

La scuola deve proporre progetto di educazione al contatto con la natura, per permetterne la piena libertà di movimento, di osservazione di un contesto naturale, o semplicemente educarlo alla cura degli esseri viventi (cure verso piante e animali).

L’insegnante deve concentrarsi sul rafforzare e sviluppare ciò che di positivo nel bambino c’è, i suoi pregi, i suoi talenti, in modo tale che la consapevolezza delle sue capacità possa lasciare sempre meno spazio ai difetti.

Pertanto mai parlare male del bambino in sua presenza o in sua assenza.

L’ambiente scolastico deve essere un ambiente accogliente e familiare in cui tutti mobili ed oggetti siano modellati in base alle esigenze dei piccoli, tali da favorire lo sviluppo intellettuale dello stesso e permetterne l’autocorrezione dell’errore.

 

3 – Abbiamo parlato del Metodo Montessori sviluppato nell’ambiente scolastico. Come può essere applicato a casa, dai genitori, per far si che non si crei un distacco tra scuola e casa?

L’applicazione del Metodo Montessori a casa è fondamentale sia per continuità sia per favorire uno sviluppo armonico della personalità che si mantenga sempre la stessa linea di pensiero. Il bambino deve ritrovare un ambiente familiare e intimo, privo di ostacoli, stimolante ma non iperstimolante in cui sia possibile il giusto riposo.

E’ importante ritrovare figure di riferimento con cui si possa facilmente interagire,che ci sia il giusto equilibrio tra regole e libertà.

E’ importante comunicare le nostre regole in maniera assertiva con un tono vigoroso ma con un linguaggio adatto all’età che sia corretto e inequivocabile.

 

Se anche tu vuoi approfondire queste tematiche, allora scopri la Facoltà di Psicologia proposta dall’Università Telematica Internazionale Uninettuno.

Ingegneria: nuove opportunità lavorative nei contesti internazionali

In un contesto sempre più attento alla green economy e alla sostenibilità ambientale ed energetica un ruolo importante è svolto dagli ingegneri: il loro contributo è fondamentale per migliorare gli standard di vita quotidiani.

La carriera per diventare Ingegnere, la dedizione a questa disciplina, alcuni consigli utili per intraprendere questa strada ci sono stati forniti dal Dott. Giuseppe Ardito.

 

Conseguire la laurea in Ingegneria non è assolutamente un percorso facile da intraprendere per via del lungo ed impegnativo percorso di studi. Ci potrebbe raccontare quali sono state le varie fase di formazione utili per poter esercitare questo tipo di professione?

La mia scelta nello studiare Ingegneria è avvenuta in modo pressoché naturale. Infatti, dopo essermi maturato al Liceo scientifico ed avendo una forte propensione verso materie quale matematica, fisica e geometria, sono sbarcato nel corso di studi in Ingegneria che mi ha portato successivamente al conseguimento del dottorato di ricerca in Ingegneria Gestionale.

Allo stato attuale, l’Ingegneria Gestionale è possibile reputarla una branchia accademica dell’ingegneria, molto riconosciuta soprattutto all’estero, poiché, rappresenta il giusto connubio tra la valutazione dei costi e l’ottimizzazione di fasi produttive e spesa economica al fine dell’ottenimento di specifici trade-off compatibili con quelli che possano essere gli obiettivi aziendali.

 

Quali potrebbero essere potenziali aree di attività a cui un ingegnere dovrebbe guardare in prospettiva al fine di potersi specializzare?

Ritengo che aree fortemente in crescita, soprattutto a livello internazionale, risultano essere quelle inerenti la green economy e la sostenibilità ambientale ed energetica. Sono settori ampiamenti pluridisciplinari, nei quali diverse tipologie di ingegneri (gestionali, informatici, delle telecomunicazioni, civili, etc.) possono contribuire con lavoro, ricerca e dedizione alla diminuzione dell’impiego di risorse ad alto impatto inquinante e, al tempo stesso, al miglioramento di standard di vita quotidiana.

 

Che consigli utili potrebbe fornire a coloro che intendono intraprendere la sua stessa strada?

Il mio primo consiglio è quello di dover provare una passione primordiale per il percorso di studi scelto. Inoltre, è necessario raggiungere un livello di conoscenza pluridisciplinare, magari anche a latitudini e longitudini diverse da quelle in cui si è abituati a vivere, studiare e lavorare.

Nello specifico, creare un bagaglio di esperienze imparando dagli altri ed approcciandosi a realtà nazionali ed internazionali per poter abbracciare nel migliore dei modi quelle che oggi sono le esigenze del nostro comparto lavorativo e professionale.

 

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La comunicazione: l’ingrediente di successo di Pescaria

In una località come quella di Polignano a Mare, Pescaria è riuscita a trovare il giusto connubio tra un prodotto tipico pugliese, il pesce, e una nuova modalità di consumazione. L’ingrediente speciale che ha permesso di avere un così forte impatto è stata la comunicazione e la scelta dei canali giusti tanto da farla diventare una case history di successo. Per capire questo abbiamo intervistato Domingo Iudice, responsabile marketing di Pescaria.

 

Pescaria nasce dall’idea di abbinare un prodotto tipico pugliese, il pesce, ad una nuova modalità di consumazione, il panino gourmet. Cosa vi ha spinti a puntare tutto su questa particolare formula?

Tecnicamente, abbiamo abbinato un’abitudine tipicamente pugliese – mangiare il pesce crudo – ad una nuova modalità di somministrazione – quella fast food.

L’idea di base era di offrire un prodotto di altissima qualità, in una formula libera da fronzoli, senza rinunciare ad una esperienza di gusto. L’apporto dello chef Lucio Mele è stato determinante nell’evolvere il concetto in comfort food, con la creazione di tartare e panini capaci di rendere goloso e ghiotto un piatto a base di pesce crudo.

Pescaria ha quindi segnato un nuovo punto nel rapporto qualità prezzo del prodotto Pesce.

 

Pescaria deve la sua buona riuscita al giusto connubio tra qualità del prodotto e comunicazione efficace. Come è riuscita in poco tempo ad imprimersi nella mente del consumatore e attraverso quali canali?

Pescaria deve la sua buona riuscita a un team tutt’ora in essere in cui competenze plurime convergono a supporto di un progetto concreto, in cui ogni figura chiave sostiene l’altra. Io faccio Marketing, Bartolo si occupa del reperimento del prodotto. Lucio è lo chef che ha dato a una piccola cucina una dimensione di respiro almeno nazionale.

Non ci siamo mai sentiti “riusciti” o “arrivati”. Non riusciamo tutt’oggi a percepire un traguardo, se non quello che ci prefiggiamo di raggiungere. Credo sia importante in un team dividere e condividere i ruoli, in una prospettiva di continua insoddisfazione, in cui si cerca di migliorare come singoli e come gruppo.

Da un punto di vista dei canali mediatici, usiamo prevalentemente Facebook e Instagram: due piazze enormi, in cui la food experience è un importante momento di condivisione. Momento nel quale noi cerchiamo di essere presenti con contenuti autentici.

 

Pescaria apre anche a Milano, riscontrando lo stesso successo. La strategia comunicativa adottata per questo progetto, è la stessa o è cambiata date le differenze con il territorio pugliese?

Partiamo dal presupposto che Milano è una delle più grandi città di Puglia. Quindi esiste un nugolo gigante di appassionati del prodotto crudo che quotidianamente ci viene a trovare, forte anche di un rapporto qualità prezzo davvero unico sul mercato milanese.

In secondo luogo, abbiamo sfruttato sempre Facebook e Instagram per targhettizzare pugliesi e persone a loro vicine, in modo da generare curiosità e passaparola.

Dulcis in fundo, lavoriamo ogni giorno perché ogni morso milanese sia buono almeno quanto quello pugliese: con questo intendo dire che lavoriamo costantemente per rendere l’esperienza buona, gustosa e costantemente migliore. Non è semplice. Anzi è davvero difficile.

Presto apriremo un secondo punto vendita a Milano: avremo una cucina più grande, coperti in più e più posti prenotabili: ma soprattutto porteremo a Milano quella che è stata la naturale evoluzione della nostra cucina, in cui Chef Lucio ha portato il suo concetto di fish comfort food anche a paste e piatti cotti. Come a nostra cacio, pepe e cozze, le bombette di pesce e tante altre novità.

Ci vediamo presto. A Polignano o a Milano.

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Il FAI, come prendersi cura del nostro territorio

Il territorio italiano racchiude al suo interno un bagaglio ricco di storia, cultura ed arte, ed è qui che un ruolo fondamentale è svolto dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) che ha come obiettivi principali, la valorizzazione e la conservazione del patrimonio artistico e culturale della nostra nazione.

Per capire il ruolo di questa fondazione, abbiamo intervistato l’architetto Beniamino Attoma Pepe, capo Delegazione FAI Brindisi.

 

Il FAI (Fondo Ambiente Italiano) ha come obiettivi principali la valorizzazione e la conoscenza del patrimonio artistico culturale del nostro Paese, come anche la conservazione e salvaguardia di questo. Nel rispetto di questi obiettivi, quali sono le iniziative che il FAI adotta e quali nello specifico in Puglia?

Come opportunamente ricordato, il Fondo Ambiente Italiano dal 1975 è impegnato nella missione di portare alla conoscenza degli italiani il nostro straordinario patrimonio culturale, molto diverso da regione a regione per storia e origini. Nel rispetto del principio per cui “si ama ciò che si conosce”, il passaggio dalla conoscenza alla valorizzazione è stato sostanzialmente naturale e oggi il FAI gestisce quasi 60 beni distribuiti su tutto il territorio nazionale e questo dato è in costante aumento grazie al crescente interesse degli italiani, alle donazioni di privati cittadini e ai rapporti intrattenuti con alcuni enti pubblici che hanno portato alla stipula di accordi di concessione.

Ed è proprio attraverso una concessione trentennale con la Provincia di Lecce, che il FAI nel 2009 ha adottato il primo bene in Puglia, l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate a Squinzano e ha potuto avviare un intenso programma di restauri sul complesso, un intervento appena concluso, per riportare quel luogo alla dignità che merita impiegando risorse proprie in massima parte e contributi regionali. L’Abbazia di Cerrate è quindi tornata al fascino e all’importanza che la comunità locale riconosceva, proiettandosi in uno scenario internazionale di interesse.

 

Il FAI si circonda di numerosi volontari che mettono a disposizione il loro tempo e le loro conoscenze per far scoprire ai visitatori la bellezza del patrimonio artistico e culturale del nostro territorio. Qual è la motivazione, che secondo lei, li spinge a fare tutto questo?

La struttura del Fondo Ambiente Italiano è cresciuta moltissimo negli ultimi anni, sia al livello centrale come organizzazione e uffici, sia al livello periferico e oggi possiamo contare 120 delegazioni provinciali, 87 Gruppi FAI e 89 Gruppi FAI Giovani. In Puglia la fondazione è presente con 6 delegazioni provinciali, 5 Gruppi FAI e 3 Gruppi Giovani.

Un volontario si avvicina quando è ispirato e stimolato a conoscere il proprio territorio e vuole offrire un proprio contributo di tempo, risorse e buona volontà. In qualche caso, lo stimolo arriva da un moto di orgoglio, un modo per riscattare la propria terra e per reagire all’inerzia generale e di fronte allo stato di degrado di molti luoghi a cui le comunità locali sono affezionate.

Vedere quanta passione può portare e trasferire agli altri un volontario o uno studente nelle vesti di Apprendista Cicerone durante gli eventi nazionali della fondazione, è di ispirazione anche per noi delegati e gratifica il nostro impegno.

 

Come hanno risposto in Puglia i visitatori alle due giornate FAI dello scorso 24 e 25 marzo dove è stato possibile visitare luoghi normalmente chiusi al pubblico, e qual è stato il luogo più visitato?

Per le scorse Giornate di Primavera, in Puglia le delegazioni provinciali hanno organizzato 49 aperture e il bene più visitato è stato l’Auditorium “Nino Rota” del Conservatorio Piccinni di Bari con circa 4.500 persone e anche Lecce, con le aperture dei palazzi impiegati in passato come set per alcuni noti film, ha registrato numeri molto rilevanti.

A Brindisi ci siamo concentrati sul capoluogo e abbiamo voluto offrire una lettura aggiornata della “valigia delle Indie”, ricostruendo un periodo di grande gloria per la città e per il porto, allorquando una compagnia di navigazione inglese faceva scalo in città lungo il percorso da Londra a Bombay, attraverso una narrazione con documenti inediti e la visita al giardino di Palazzo Montenegro e il grande Albergo Internazionale.

L’affluenza è stata straordinaria, circa 900 persone hanno visitato i nostri luoghi e ascoltato il racconto degli Apprendisti Ciceroni degli istituti scolastici di Brindisi e Francavilla, adeguatamente formati dai nostri volontari.

La coincidenza con la domenica delle Palme e le condizioni meteorologiche avverse hanno certamente pesato ma siamo tutti molto soddisfatti per l’apprezzamento che la nostra proposta ha ricevuto.

La nostra Delegazione è stata costituita nel 2015 e in meno di 3 anni siamo riusciti a portare avanti molte iniziative non solo nel capoluogo ma in molti comuni della provincia. La recente costituzione del Gruppo Giovani di Brindisi è un risultato raggiunto prima delle previsioni e significa che i ragazzi brindisini sono attratti dal FAI e soprattutto sono attratti dalla propria terra di origine.

 

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Caso “dieselgate”: la legge e il colosso Volkswagen

In questo articolo di blog abbiamo deciso di intervistare l’Avvocato Giuseppe Dipasquale che è stato uno tra i primi legali in Italia ad aver presentato diverse denunzie-querele nei confronti del colosso Volkswagen per il caso “dieselgate”, uno dei casi che ha fatto maggiormente discutere e che ha coinvolto il territorio sia a livello nazionale che internazionale.

 

1 – Come ci si sente ad aver intrapreso una causa contro un grande colosso come quello Volkswagen?

Innanzitutto vorrei precisare che la mia iniziativa giudiziaria è consistita nel deposito di diverse denunzie-querele per i reati di frode in commercio e truffa aggravata, nei confronti dei vertici, sia tedeschi che italiani, dell’organigramma del gruppo Volkswagen, in virtù delle rispettive “posizioni di garanzia” ricoperte.

E ciò in quanto ho subito ritenuto, sin dal settembre 2015, quando la collettività ha avuto modo di apprendere per la prima volta dello scandalo “dieselgate”, che le condotte poste in essere dalla casa automobilistica fossero idonee ad integrare delle ipotesi di reato.

E questo poiché agli acquirenti sono state vendute e consegnate autovetture con caratteristiche, in ordine a prestazioni consumi ed emissioni, ben diverse, rispetto a quelle dichiarate, diffuse e pubblicizzate dal gruppo Volkswagen.

Per chiarezza e completezza, ed in maniera molto sintetica, voglio specificare che cosa si intende nello specifico con “dieselgate”.

Si fa riferimento a condotte che il gruppo Volkswagen, dall’anno 2009,  avrebbe posto in essere con l’inserimento di alcune linee di codice nel software “defeat device” delle centraline di diverse autovetture, linee che permettevano di riconoscere se le stesse auto erano utilizzate su strada o se, invece, era in corso su di esse un test per valutare le emissioni di ossidi di azoto.

Ebbene, questo sistema avrebbe avuto la possibilità di valutare la velocità, la pressione, dell’aria ed i movimenti di pedali e sterzo dell’autovettura su cui era installato e, se identificava la situazione come un test anti-smog, attivava il controllo sulle emissioni inquinanti, facendole risultare, dunque, decine di volte inferiori rispetto a quelle reali riscontrabili nell’utilizzo su strada del mezzo.

Pertanto, mediante tale “stratagemma”, i risultati relativi alle emissioni inquinati delle autovetture sarebbero stati falsati da Volkswagen, poiché questi venivano fatti apparire al di sotto degli standard sull’inquinamento imposti dalla Environmental Protection Agency, quando, invece, erano ben superiori a tali limiti.

Però ci tengo a chiarire e precisare che, a tutt’oggi, in Italia, quanto innanzi rappresenta solo una mera ipotesi accusatoria che è al vaglio degli Organi inquirenti.

Dunque, allo stato, i procedimenti penali risultano ancora in fase di indagini, in particolare presso la Procura della Repubblica di Verona ove è in corso un incidente probatorio diretto a verificare, a mezzo di tecnici specializzati che stanno eseguendo specifici test su alcune autovetture, se queste, a seguito dell’aggiornamento del software incriminato, conservano le proprie caratteristiche tecniche in ordine a consumi prestazioni ed emissioni.

Naturalmente, non nascondo che è stato sicuramente motivo di soddisfazione scoprire ed appurare di essere stato tra i primi legali in Italia ad aver presentato per i fatti in questione diverse denunzie-querele nei confronti del colosso Volkswagen, anche perché è stata un’occasione per confrontarmi con colleghi, anche estremamente importanti e rinomati, di ogni regione.

Dunque, comunque vada, è stata sicuramente una importante e preziosa esperienza, nonché una iniziativa giudiziaria che mi ha arricchito tantissimo dal punto di vista umano e professionale.

 

2 – Quali sono stati i punti di forza a sostegno della causa da un  punto di vista ingegneristico?

Dal punto di vista prettamente ingegneristico non ho le competenze per dire quali sono i punti di forza sui quali faranno leva i consulenti incaricati dalla procura di Verona per verificare l’incidenza di questo software sui dati relativi alle caratteristiche delle autovetture.

L’unica certezza, allo stato, è che questo software esiste ed è installato su diverse autovetture così come confermato, con note ufficiali, dallo stesso gruppo Volkswagen.

Inoltre, ci tengo a ricordare che Volkswagen ha già patteggiato negli Stati Uniti una pena pecuniaria per il medesimo scandalo “dieselgate”.

Dunque, sarà cura degli ingegneri incaricati fare luce su questa situazione, appurando la verità dei fatti, qualunque essa sia.

 

3 – Secondo lei questo può essere il principio per una class action che potrebbe da lei essere rappresentata legalmente?

Parto dalla premessa per cui io ho presentato distinte ed autonome denunzie-querele per ogni soggetto che ha voluto intraprendere azioni giudiziarie nei confronti del gruppo Volkswagen.

Dunque, io, più che una vera e propria class action, ho preferito mantenere le azioni giudiziarie “parallele”, autonome ed indipendenti l’una dall’altra.

Diciamo che le class action vere e proprie si concretizzano in sede civile, anche se in Italia, i dati di comune esperienza ci insegnano da diversi anni che tali iniziative non hanno concretamente mai avuto grande fortuna, anche in termini di soddisfacenti risarcimenti economici per i consumatori.

Posso solo dire al momento che, se sarà esercitata l’azione penale nei confronti dei vertici del gruppo Volkswagen, io procederò, per ogni singolo soggetto, ad effettuare una autonoma costituzione di parte civile nel relativo processo penale, al fine di vedere riconosciuta la penale responsabilità degli imputati e, conseguentemente, il risarcimento dei danni subiti dai miei assistiti.

 

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MUCCI IL CONFETTO CHE PARLA DA SE’

La tradizione carnevalesca pugliese si collega automaticamente alla tradizione dolciaria del confetto, non un confetto qualsiasi, ma quello di Mucci Giovanni  ® simbolo di qualità, che solo guardandolo parla da sé. 

Abbiamo intervistato, per l’occasione, Cristian Mucci, Marketing Manager dell’azienda Mucci Giovanni ®.

 

1- La storia dei confetti ha origini lontane. Come si è evoluta la vostra produzione nel corso del tempo fino ai giorni d’oggi? I canali di comunicazione li ritenete un fattore importante per la vostra notorietà?

La storia della Famiglia Mucci comincia nel lontano 1894.

Il fondatore Nicola Mucci, mio bisnonno, avvia, in quell’anno, il primo opificio in pieno centro storico a pochi passi dalla Cattedrale di Andria, oggi Museo del Confetto “Giovanni Mucci”.

Intorno al 1920, crea “Mandorla Imperial”, un nuovo confetto, unico, realizzato con la pelata di Bari ricoperta da uno strato di cioccolato bianco e leggermente confettata. E’ un vero e proprio trionfo. Per soddisfare le numerose richieste inaugura eleganti e raffinate caffetterie nelle quali gustare le specialità di Casa Mucci ®  ormai note anche oltre regione.

L’evoluzione di quel primo confetto porta, nei successivi Anni’30, alla creazione dei famosi

“Tenerelli Mucci” ®, confetti dal cuore tenero, realizzati con le mandorle pugliesi di Toritto -oggi anche presidio Slow Food -e con “Nocciole Piemonte Igp”, ricoperte da un doppio strato di cioccolato e velati da un sottilissimo strato di confettatura delicatamente colorata con prodotti solamente naturali.

Innovazione, naturalità, storia, qualità, tradizione: questi i punti fermi della Famiglia Mucci ®

Tutto questo abbraccia una comunicazione che rappresenti al meglio l’eleganza e il claim di unicità e qualità dell’azienda.

 

2 – I confetti fanno da sempre pensare al periodo di Carnevale, i loro vivaci colori vengono generalmente associati ai coriandoli. Durante il resto dell’anno, invece, la produzione di confetti come si presenta al di fuori dell’Italia?

La produzione originaria dei confetti era concentrata soprattutto nel periodo autunno/inverno; l’obiettivo della nuova generazione, invece, è quello di superare i confini nazionali: dal 2016, infatti, siamo la prima azienda ad aver ottenuto la certificazione HALAL per offrire i nostri prodotti a musulmani e adesso si sta lavorando per ottenere la certificazione KOSHER, per offrire la bontà dei Confetti Mucci ® anche agli ebrei.

 

3- Il logo “Mucci Giovanni” è ormai conosciuto a livello nazionale. Cosa volete comunicare a chi lo vede?

Le specialità Mucci Giovanni sono frutto di un lavoro secolare, eseguito con metodi artigianali, secondo i dettami dell’alta tradizione confettiera.

“Qualità” è la parola chiave della nostra azienda che dedica attenzione, passione e ricerca nella creazione di questi piccoli capolavori dell’arte dolciaria da offrire non solo durante il periodo di carnevale, o durante delle specifiche ricorrenze, ma ogni giorno, grazie alla presenza di circa 300 tipologie tra confetti e dragées.

Il confetto “Giovanni Mucci” deve poter far parlare di se, essere sempre apprezzato e deve richiamare l’attenzione del consumatore soltanto guardandolo.

 

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Il ruolo dello psicologo nella relazione insegnante-bambino

Durante il percorso formativo un bambino è circondato da diversi ambienti educativi come quelli inerenti l’attività sportiva, ludica e soprattutto la famiglia e la scuola.

Nella scuola dell’infanzia un ruolo importante è ricoperto dall’insegnante, in passato associata alla figura materna, oggi sempre più professionale.

La Dott.ssa Sandra Legrottaglie, Psicologa, psicoterapeuta sistemico-relazionale, dottore di ricerca in psicologia: processi cognitivi, emotivi e comunicativi, ci ha illustrato quanto la psicologia sia fondamentale nella relazione insegnante-bambino.

 

1- Nel corso degli anni, è stata sempre più abbandonata l’assimilazione della figura dell’insegnante a quella della mamma attraverso la proposta di un profilo professionale più caratterizzato in senso culturale e psico-pedagogico. Quali sono le competenze richieste oggi a un insegnante di scuola dell’infanzia?

La concezione di insegnante di scuola dell’infanzia è notevolmente cambiata nel corso degli anni. Fino a poco tempo fa il ruolo della maestra era strettamente connesso al ruolo della mamma: infatti, era in uso il termine di “scuola materna”, considerando il contesto scolastico alla stregua di quello familiare. Attualmente molte discipline, dalla filosofia alla psicologia, dall’antropologia alla sociologia, si focalizzano sul concetto di identità professionale degli insegnanti, considerandola come un indicatore importante della professionalità dei docenti, sia in termini di competenze didattiche che come capacità di tenere la relazione con la classe. L’interesse per il tema dell’identità professionale degli insegnanti è di fatti in stretta connessione con la promozione della “professionalizzazione” dell’insegnamento. Le competenze richieste oggi ad un insegnante, in particolare ad un insegnante di scuola dell’infanzia, riguardano l’ambito relazionale, comunicativo ed affettivo e l’ambito culturale, operativo e didattico. Il primo ambito riguarda la capacità di stabilire relazioni positive con i bambini, accompagnandoli nel loro percorso di crescita alla scoperta del mondo interiore e dell’ambiente esterno. Una relazione che deve svilupparsi sia dal punto di vista formativo-educativo sia dal punto di vista affettivo-emotivo. Lo sviluppo cognitivo dei bambini si fonda, infatti, sui rapporti relazionali e l’interazione affettiva è il principale contesto in cui il bambino costruisce e sviluppa le sue relazioni sociali e i suoi schemi conoscitivi. L’ambito relazionale è centrale per comprendere la professionalità dell’insegnante ed è relativo a tutti gli attori del contesto scolastico, e, quindi, non solo bambini, ma anche colleghi, dirigente scolastico, famiglie, eccetera. Il secondo ambito riguarda, invece, le competenze professionali, didattiche e tecniche del docente. Le pratiche educative (lezione frontale, apprendimento collaborativo, problem solving, apprendimento laboratoriale, l’uso didattico delle TIC, eccetera) sono un elemento molto importante nella formazione e nello sviluppo dell’identità professionale degli insegnanti. In particolare, l’insegnante di scuola dell’infanzia, non è esente da una formazione culturale e tecnica che deve riuscire a rapportare ai bisogni dei bambini.

 

 

2- L’ambiente scolastico viene vissuto dal bambino come un periodo formativo non solo per apprendere nozioni, ma anche come uno spazio personale dove “imparare a pensare”. Quanto è importante il ruolo dello psicologo per lo sviluppo personale e sociale dei bambini e per la loro autostima?

I concetti di autostima, di buona e coerente valutazione di sé e di empowerment sono fondamentali quando si parla di salute, benessere sociale e psicologico. Si tratta di elementi che si sviluppano e accompagnano il percorso di crescita dei bambini e a cui bisogna prestare particolare attenzione nei diversi contesti di vita. Da questo punto di vista il ruolo dello psicologo risulta estremamente importante. Nella Conferenza del 1986 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la salute viene definita come uno “stato di completo benessere fisico mentale e sociale (…) che richiede molteplici azioni sul fronte sociale, ambientale, economico educativo e psicologico a partire da una educazione alla responsabilità fin dall’età scolare, per rendere ciascuna persona in grado di affrontare le fasi, le scelte e le difficoltà della vita con la consapevolezza delle risorse personali e comunitarie a disposizione”. Salute, istruzione e sviluppo sono correlati tra loro ed emerge la necessità di adottare, in ambito scolastico, un approccio globale alla salute. Nel contesto scolastico, lo psicologo lavora prevalentemente su tre obiettivi:

  • promozione della salute e del benessere
  • contrasto dei fenomeni di rischio
  • diffusione delle buone pratiche psicologiche

La promozione della salute nelle scuole si esprime quindi attraverso azioni di sviluppo e rafforzamento delle abilità personali, di miglioramento delle relazioni sociali, del clima scolastico e di intervento sugli aspetti ambientali e organizzativi.

 

 

3- Un aspetto sempre più importante nel contesto scolastico riguarda la promozione della salute e del benessere attraverso la figura dello psicologo, il quale favorisce migliori processi di insegnamento e di apprendimento e migliori risultati, con alunni in salute che imparano meglio e un personale in salute che lavora meglio. Quali sono gli strumenti di lavoro dello psicologo per raggiungere questi obiettivi?

In ambito scolastico lo psicologo ha a sua disposizione diversi strumenti, quali lo sportello di ascolto psicologico, l’orientamento scolastico, lavori all’interno delle classi, corsi formativi per genitori ed insegnanti. Lo sportello di ascolto viene rivolto prevalentemente agli studenti. Si tratta di uno spazio e un tempo dedicati all’ascolto, al confronto e alla riflessione relativamente ai loro problemi, alle difficoltà con il mondo della scuola, la famiglia, i pari, eccetera. Può, però, essere destinato anche ai genitori per un sostegno, un consiglio esperto, un momento di confronto aperto e non giudicante per capire meglio se stessi, i propri figli e per interagire con loro in modo più costruttivo ed empatico. È importante anche per chi lavora nella scuola (insegnanti, personale amministrativo, collaboratori scolastici) al fine di ricevere indicazioni rispetto a situazioni problematiche, discutere di casi che presentano particolari difficoltà o di dinamiche che coinvolgono le classi. Obiettivo, invece, dell’orientamento scolastico è accompagnare i ragazzi nella scelta del percorso scolastico, formativo o professionale da intraprendere. In questa scelta entrano in gioco numerosi e diversi fattori, alcuni esterni o sociali (situazione economica, andamento del mercato del lavoro, influenza della famiglia e dei mass media), altri interni (interessi, attitudini, motivazione, caratteristiche di personalità). Emerge, quindi, la necessità di offrire ai ragazzi un supporto orientativo finalizzato a fornire loro strumenti cognitivi, emotivi e relazionali che consentono di decidere il percorso più adatto per raggiungere le mete scolastiche o professionali che si sono prefissati. Lo psicologo può intervenire anche all’interno del contesto classe per approfondire tematiche quali problematiche connesse alle diverse fasi del percorso di crescita, aspetti emotivi e dinamiche relazionali, integrazione, eccetera. I corsi formativi per genitori ed insegnanti possono essere utili per confrontarsi su diverse tematiche di natura psico-pedagogica, sulla gestione della relazione educativa, sugli aspetti comunicativi, eccetera. Lo psicologo, inoltre, può avere un ruolo particolarmente importante per diffondere buone e innovative pratiche didattiche che possano promuovere processi di insegnamento-apprendimento sempre più proficui.

 

Se anche tu vuoi approfondire l’affascinate settore della psiche umana, allora scopri la Facoltà di Psicologia proposta dall’Università Telematica Internazionale Uninettuno.

 

Una cultura letteraria tutta da sfogliare

In un mondo dove tutto è digitale, la lettura di un libro rimane un modo tradizionale per accrescere il tuo sapere e rappresenta uno strumento valido per migliorare le proprie capacità espressive, sia verbali che di scrittura.

 

A tal proposito abbiamo intervistato l’editore della giovanissima casa editrice, Les Flaneurs, Alessio Rega. Questa realtà ha l’obiettivo di diffondere la cultura della lettura in tutte le sue forme e si sofferma sulla qualità della proposta letteraria.

 

Spesso il regalo migliore o più gradito non può che essere un bel libro. Quest’anno sotto l’albero di Natale, quanti hanno trovato un libro come regalo? È aumentata, rispetto agli anni passati, la vendita dei libri in questo periodo?

Anche quest’anno, Natale è stato un periodo molto proficuo per quanto riguarda la vendita dei libri. I dati sono sostanzialmente simili a quelli dello scorso anno in termini di copie vendute. In una famiglia su tre è stato regalato un libro.

 

Negli ultimi tempi quanto ha influito l’uso sempre più pratico degli eBooks sull’acquisto di un libro cartaceo? I libri elettronici possono considerarsi un fattore positivo come stimolo alla lettura?

L’incidenza degli ebook nel mercato editoriale è ancora abbastanza irrilevente. Pur rappresentando uno strumento di lettura in alcuni casi più comodo, e anche più economico considerato che il costo degli ebook a volte è addirittura inferiore del 50% rispetto all’analogo libro di carta, i cartacei continuano a essere preferiti dai lettori.

 

Tanti sono gli autori pugliesi che fanno parte della tua casa editrice: quanto conta la personalità, il carisma, le origini dell’autore ai fini della pubblicazione?

Quello che per noi conta più di ogni cosa è la qualità della scrittura. Il primo requisito per pubblicare con noi è la qualità della scrittura. Questo è ciò che conta. Le origini pugliesi rappresentano anche un altro requisito che prendiamo in considerazione anche per poter promuovere al meglio i nostri autori.

 

 

Se la lettura è la tua passione e vuoi trasformarla in professionalità allora scopri la Facoltà di Beni Culturali proposta dall’Università telematica Internazionale Uninettuno.

Il turismo è professionalità e non improvvisazione

Il settore turistico, soprattutto in Puglia ha riscontrato una notevole crescita grazie alle politiche promozionali che hanno ottenuto un grande successo.

In linea con questo anche la gestione delle strutture ricettive deve adattarsi a questi cambiamenti: è quello che ci presenta Giuseppe Nigri, Presidente ADA Puglia (Associazione Direttori Albergo) nella sua intervista.

Il turismo in Puglia ha visto realizzare una continua crescita, affermandosi oggi come meta principale. Quali sono stati i fattori cardine che hanno permesso di riscontrare questo dato?

Ogni anno si sta riscontrando una continua crescita rispetto al passato, dovuta in particolare:

– alle favorevoli congiunture internazionali che hanno visto paesi come la Tunisia, l’Egitto, la Turchia, il Kenya, tra le destinazioni sconsigliate dalla Farnesina, poiché non più sicure;

– alle politiche promozionali attivate dall’assessorato al Turismo della Regione Puglia;

– alle nuove rotte aeree che collegano gli aeroporti di Bari e Brindisi;

– agli investimenti degli operatori privati, in particolare delle strutture a 5 stelle lusso, che hanno determinato un interesse dei  Vip e dei media.

Da precisare però che l’aumento delle presenze non è tale da poter affermare che la Puglia oggi sia una “meta principale”. Non dimentichiamo che registriamo 1/4 delle presenze del Veneto e meno della metà della Toscana. Siamo la 12° regione in fatto di presenze.

La Puglia, grazie alla bellezza del suo territorio, alla gastronomia e all’ospitalità della popolazione, ha una varietà di Turismi che tante altre regioni non hanno. In ogni caso potrebbe fare molto di più diversificando l’offerta in tutti i mesi dell’anno e non solo nei due mesi estivi di punta, così da continuare il suo trend di crescita.

 

In questa prospettiva sono aumentate e cambiate le esigenze dei turisti?

L’aumento di turisti provenienti da varie nazioni comporta la necessità adeguare la qualità dei servizi nelle strutture ricettive a Standard Internazionali. Occorre migliorare l’accoglienza, avere personale con conoscenza delle principali lingue estere, migliorare la qualità dei servizi, dei trasporti, anticipare la pulizia della costa già da aprile e ritardarla fino ad ottobre,adeguare la propria offerta gastronomica alle diverse esigenze alimentari dei clienti.

A mio parere tanto c’è ancora da fare per soddisfare le esigenze dei turisti. Bene sarebbe sensibilizzare i comuni a vocazione turistica progettando Punti Info con addetti parlanti lingue straniere e organizzando corsi di inglese per gli addetti al traffico.

 

Per una corretta gestione di queste strutture di quali competenze manageriali bisogna essere in possesso?

Per consentire adeguati standard di qualità le strutture necessitano di una conduzione manageriale qualificata. Non si può più improvvisare ma utilizzare procedure corrette e formare tutto il personale in ogni reparto. L’acquisto on line inoltre, ha soppiantato quello off line, spingendo la crescita dei marketplace. La possibilità di recensire le strutture (ad esempio su Tripadvisor) ha stravolto le modalità di relazione tra ospite e albergo. L’applicazione di logiche/dinamiche di prezzo, ha polverizzato il caro vecchio listino prezzi. La nascita poco controllata di nuove aziende ricettive ha determinato un aumento della competitività con conseguente rincorsa al miglioramento dei servizi, alla moderazione dei prezzi e al controllo dei costi. Per coordinare questi processi occorrono competenze di esperti e direttori d’Albergo di provata esperienza.

 

Se anche tu vuoi diventare un esperto di Economia del Turismo, acquisire le competenze di settore e diventare un manager in grado di gestire le strutture ricettive presenti sul territorio, allora scopri la nuova offerta formativa della Facoltà di Economia.